Una lunghissima coevoluzione con gli Imenotteri ha portato il fiore delle Ophrys, un genere di orchidee spontanee, ad assomigliare nella forma, nella pelosità, nel colore e talvolta anche nell’odore ad un insetto.
Ogni specie di orchidea ha quindi dei visitatori specifici: nel caso di Ophrys sphegodes le api del genere Andrena (in particolare A. nigroaenea) come testimonia la rara immagine colta dal fotografo Paolo Caciagli.
Il labello delle Ophrys mima perfettamente l’addome di una femmina di ape selvatica, arrivando anche a produrre una sostanza volatile molto simile al feromone sessuale emesso per attirare i pretendenti.
I maschietti ci cascano in pieno, e grazie a questa pubblicità ingannevole l’orchidea riesce a piazzare in posizione favorevole i sacchi pollinici che gli ignari postini trasferiranno sullo stigma di un altro fiore visitato.
Il meccanismo richiede che la fioritura anticipi la schiusa dei maschi dell’insetto pronubo, e che la schiusa delle femmine sia più tardiva, perchè sono certamente più attrattive di una pur buona imitazione vegetale.
Secondo uno studio inglese pubblicato nel 2018 sul Botanical Journal of the Linnean Society le attività umane, che provocano gli ormai noti cambiamenti climatici, rischiano di compromettere questo delicato equilibrio.
Il riscaldamento globale anticiperebbe infatti la schiusa dei maschi e delle femmine di insetto, molto più di quanto non faccia con la fioritura, ostacolando la pseudocopula e quindi l’impollinazione delle Ophrys.