Per gli egizi Thot, raffigurato di solito come un uomo con la testa di ibis, era il dio lunare della conoscenza (geometria, astronomia, medicina, magia), della scrittura e del tempo, una delle divinità creatrici del mondo.
Il rappresentante in terra del dio Thot era l’Ibis sacro (Threskiornis aethiopicus), adorato ed utilizzato come offerta votiva; si parla di otto milioni di esemplari uccisi e mummificati nell’arco di più di un millennio.
La specie è originaria dell’Africa sub-sahariana, dell’Iraq ed appunto dell’Egitto, dove storicamente era molto diffusa e si è estinta solo nel XIX secolo: evidentemente aveva resistito alle cure dell’antico culto religioso.
Grazie al fascino esotico e al richiamo mitologico, ed al fatto che si tratta di una specie molto adattabile, l’Ibis sacro da alcuni secoli vive anche in Europa detenuto in zoo, parchi pubblici e residenze private di collezionisti.
Dagli anni ‘70 del secolo scorso la riconversione finto ecologica di molti “parchi natura” ha portato sempre più all’esposizione al pubblico di animali liberi di volare; da qui alle fughe di massa la strada è stata veramente breve.
In pochi decenni l’ibis sacro è passato, anche in Italia, da una presenza sporadica a migliaia di individui, guadagnandosi il poco ambito titolo di specie invasiva e quindi soggetta a piani di controllo ed eradicazione.
Studi effettuati in Francia proverebbero infatti l’impatto negativo sugli uccelli acquatici autoctoni (predazione di uova, nidiacei e pulcini), anche se altre ricerche nello stesso paese sembrerebbero dimostrare il contrario.
Al di là del giudizio di merito, rimangono seri dubbi sull’efficacia di provvedimenti che non risolvono il problema di fondo: la mania compulsiva di allevare specie esotiche di ogni tipo provocandone spesso la diffusione in natura.
Sarcofago di Ibis, Egitto tolemaico (320-30 AC) – Royal Ontario Museum.